Storia della Sicilia in età antica. La questione cartaginese

La storia della Sicilia antica non è la storia della Sicilia greca: è la storia di un piccolo numero di città, di villaggi e di popoli, con o senza una identità precisa a noi nota. È storia del loro incontro, della loro vita in comune nell’isola, dei rapporti tra la Sicilia e il contesto mediterraneo, a 360 gradi: nord, est, sud, ovest. Ma in antico la storiografia è quasi interamente greca – ellenica o ellenistica – e per il resto romana. Non abbiamo la voce storiografica degli altri popoli. Per conseguenza, i libri moderni che ne trattano dipendono in alta misura dalle fonti archeologiche.
Ora, una parte rilevante dell’isola è stata cartaginese per almeno sette secoli, sia pure con un numero minore di fondazioni rispetto a quelle greche e, presumibilmente, di abitanti. La logica delle fondazioni cartaginesi non è sovrapponibile né a quella delle città e dei villaggi della Sicilia pre-greca e pre-cartaginese, né a quella delle poleis greche. È vero che anche i Greci in Sicilia sono vissuti con la mente rivolta a Oriente, e per qualsiasi occasione di rilevante importanza (sportiva o politica o militare) hanno consultato e fatto donazioni a Delfi ed elevato statue a Olimpia, ma il rapporto delle fondazioni cartaginesi con Cartagine non è dello stesso tipo. I Greci d’Oriente e di Sicilia non sono la stessa cosa in luoghi diversi, né in nessun luogo i Greci sono la stessa cosa con altri Greci, e questo per tutto lo spazio greco, mentre i Cartaginesi di Sicilia sono la stessa cosa dei Cartaginesi di Cartagine. Solo, in un altro luogo, ma con rapporti intensissimi soprattutto di carattere commerciale perché il commercio era la ragione stessa dell’esistenza delle fondazioni – stabilmente per almeno sette secoli, senza soluzione di continuità e senza deviazioni da questa logica. E, come è ovvio, il commercio porta con sé tutto il resto, armi e cultura comprese.
Tutto questo descrive quanto sappiamo e non nasconde misteri né questioni aperte. Ma la storia militare dell’isola, che ovviamente si tira dietro quella politica, presenta una lunga serie di questioni aperte nei rapporti tra Greci e Cartaginesi e, in definitiva, pone una domanda di fondo. Nella narrazione greca, poi romana, la storia di questi confitti è storia secolare di resistenza dei Greci alle mire di conquista dell’isola da parte dei Cartaginesi e di attacco per contenerne la potenza, innanzitutto da un punto di vista territoriale, confinandola nell’estremo occidente. Ma i Cartaginesi di Sicilia non hanno mai intrapreso alcuna guerra di vasto respiro. Quanto ai Cartaginesi di Cartagine, non hanno mai attraversato il mare con le loro navi da guerra, con consistenti spedizioni militari, se non quando sono stati chiamati, dagli Elimi o più spesso da Greci stessi, e in almeno un caso provocati, sia pure da un Siceliota che combatteva per se stesso e non per una potenza dell’isola. Quali erano dunque, nei secoli, i loro obiettivi politici sull’isola? Hanno davvero mirato, seguendo una propria autonoma politica, al suo completo controllo?
La questione più rilevante riguarda il V secolo. All’inizio e alla fine di questo secolo i Cartaginesi hanno inviato in Sicilia consistenti corpi di spedizione, chiamati nel primo caso da tiranni greci di Sicilia e di Calabria, nel secondo dagli Elimi. La prima spedizione si risolse in una loro sconfitta, a cui seguirono settant’anni di pacifici rapporti commerciali coi Sicelioti e con le altre popolazioni dell’isola, senza nessun tentativo di politica aggressiva. A fine secolo, dapprima chiamati in aiuto per questioni locali da Segesta contro Selinunte, poi rispondendo a una provocazione di Ermocrate (i due episodi sono separati da tre anni in cui non vi fu alcun tentativo di conquista dell’isola), distrussero in sequenza (ma non nella stessa occasione) Selinunte, Imera, Akragas. Due di queste erano città con cui avevano avuto per tempi molto lunghi rapporti commerciali intensi, ma la distruzione fu radicale: perché lo fecero? a quale obiettivo politico rispondeva questa doppia azione? Si può pensare che la seconda di queste due spedizioni avesse come mira la conquista dell’isola, anche se lasciarono andare gli Agrigentini. Ma perché massacrarono la popolazione di Selinunte, che non era loro nemica storica e poi tornarono alle loro basi in Africa? E dopo Agrigento rivolsero sì la loro azione – in questa e in almeno un’altra successiva occasione – contro Siracusa, cui però diedero il tempo di riprendersi al punto da poter distruggere Mozia, la loro più importante base nell’isola.
La politica cartaginese in Sicilia non appare leggibile con coerenza, e appare anche sospetta la sequenza di due epidemie che salvano Siracusa, a distanza di anni l’una dall’altra. Non avendo documenti e narrazioni di parte cartaginese la questione rimane aperta.
Non è poca cosa quanto accadde allora: la Sicilia greca si ridusse, di fatto, alla parte orientale. Fino alla prima guerra punica Siracusa riuscì a dominare – sotto vari tiranni molto longevi – il resto dell’isola, a parte l’epikrateia cartaginese (con cui, quando non c’erano guerre, i rapporti commerciali erano buoni), ma la civiltà del V secolo, nella pluralità dei suoi centri vitali, era finita per sempre. Ne prendiamo atto. Ma perché accadde?